Assistenza domiciliare, troppi utenti in lista d’attesa a Latina e provincia. Rafforzare il ruolo dei distretti

I miei timori sembrano purtroppo essere fondati. L’integrazione sociosanitaria nei distretti del Lazio ed in particolare nella provincia di Latina mostra evidenti lacune. A distanza di alcuni mesi da una mia richiesta di informazioni, l’assessore Alessandra Troncarelli ha reso noto alcuni dati sul funzionamento dei servizi sociosanitari. Preoccupa in particolare il dato riguardante l’assistenza domiciliare integrata. Relativamente agli interventi domiciliari per la disabilità gravissima i distretti della provincia di Latina fanno registrare gravi difficoltà e maggiori ritardi anche rispetto al resto dei servizi territoriali regionali. Risultano esserci ben 148 utenti in lista di attesa nei distretti di Latina, Aprilia e Gaeta. Un dato praticamente simile a quello complessivo di tutti i distretti della provincia di Roma (150) e notevolmente superiore alle zone di Frosinone (20) e Viterbo (18).

Un’altra grave carenza riscontrata è quella inerente ai centri diurni per i pazienti affetti da Alzheimer. Ebbene la provincia di Latina è l’unica che al momento non dispone di questo tipo di strutture a carattere socio-assistenziale.
Appare sempre più urgente rafforzare il ruolo dei distretti, i luoghi dove deve attivarsi l’integrazione tra servizi sociali e sanitari, privilegiando la territorialità, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità. 
Il Distretto deve assicurare alla popolazione l’accesso ai servizi e alle prestazioni sanitarie e sociali, sia attraverso la valutazione dei bisogni, sia con l’assistenza specialistica ambulatoriale, l’assistenza ad anziani e disabili, l’assistenza domiciliare integrata, l’assistenza e la cura delle tossicodipendenze, della salute della donna, dell’infanzia e della famiglia.
Con il piano sociale regionale approvato all’inizio dell’anno avevo affermato come si trattasse di un piano regolatore delle politiche sociali e del welfare che andava a colmare una serie di lacune presenti nella legge regionale 11/2016. Un nuovo modo di fare welfare in Regione che merita un monitoraggio costante.

Ma sono necessari maggiori investimenti per contrastare la povertà, creando reti di solidarietà per aumentare la coesione delle comunità locali, potenziando i servizi domiciliari e di prossimità. Occorre rafforzare la qualità dell’assistenza garantita con l’introduzione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, nonché i punti unici di accesso ai diversi servizi, per renderli più accessibili a tutti e a tutti. Senza dimenticare l’importanza dei servizi per le persone anziane. Per questo c’è bisogno di più risorse per favorire l’autonomia delle persone con disabilità.

C’è l’urgenza di alzare le leve del welfare, attraverso il vero impiego delle risorse. In questo ambito bisogna quindi rafforzare il ruolo dei distretti, soprattutto sotto il profilo socio assistenziale.

A tal proposito consiglierei l’assessore Alessio D’Amato di dedicare meno tempo agli annunci ed ai proclami. I risultati sbandierati sul cambio di passo della sanità laziale ad oggi non si sono visti. Non posso non constatare che l’assistenza territoriale è quasi sempre insufficiente, scarsamente capillare e poco conosciuta laddove esiste. E’ quindi prioritario programmare, individuare le priorità e attuarle, come hanno fatto altre Regioni nelle stesse condizioni del Lazio. L’amministrazione regionale farebbe bene a rimboccarsi le maniche mettendo in conto i fallimenti passati e trovando soluzioni concrete. Il compito di chi governa questa Regione è farsi garante, a tutti i livelli, dell’erogazione di servizi che siano sempre più vicini alle persone già gravate da malattie o patologie estremamente complesse e alle loro famiglie.

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