Basta viaggi della speranza per una visita, migliorare l’offerta sanitaria territoriale

Partecipo con dolore alla notizia del decesso del bimbo di 11 anni originario della zona di Latina, colpito da un malore in auto nel pieno del caos della viabilità romana. Esprimo la mia vicinanza ai genitori e ai familiari del piccolo. Prendo atto che i soccorsi si sono attivati tempestivamente attraverso un’automedica e un’ambulanza, tanto da giungere nell’arco di pochi minuti nel quadrante sud della Capitale. In attesa di conoscere le reali cause e le responsabilità su quanto accaduto, non possiamo non prendere in considerazione il fatto che ancora una volta una famiglia della provincia pontina sia stata costretta a recarsi a Roma per una visita, sia pure in una struttura d’eccellenza come il Bambino Gesù. Un ennesimo viaggio della speranza come spesso accade per utenti del territorio di Latina. E purtroppo con rammarico sono costretto ancora una volta ad evidenziare come le scelte nella sanità non si fanno con la calcolatrice ma calandole sul territorio, rispondendo alle sue caratteristiche, avvicinando i servizi ai cittadini e non, come accade adesso, costringendoli a viaggi della speranza solo per fare una visita. Faccio un esempio concreto: smantellare i Punti di primo intervento è la prova lampante del fatto che le effettive esigenze dei territori non vengono minimamente prese in considerazione. Non posso non constatare che l’assistenza territoriale è quasi sempre insufficiente, scarsamente capillare e poco conosciuta laddove esiste. Le tanto celebrate Case della salute sono state un flop visto che nessuno sembra neanche prenderle in considerazione. Senza dimenticare i distretti, dove mancano medici e infermieri e che sembrano quasi ‘svuotati’. Dunque è necessario programmare, individuare le priorità e attuarle, come hanno fatto altre Regioni nelle stesse condizioni del Lazio. A conti fatti gli ospedali diventano l’unico riferimento per i cittadini. Occorre però ripensare ad un nuovo modello di sanità in grado di privilegiare l’offerta territoriale. Una sanità che funziona è una sanità capace di rispondere alle esigenze dei cittadini con immediatezza e rapidità. Un’amministrazione efficiente funziona se è in grado di organizzare i servizi rendendoli vicini ai cittadini e non irraggiungibili. Penso quindi ai piani straordinari sulle liste d’attesa varati in questi anni e che non hanno prodotto gli effetti sperati. A tal proposito circa un mese fa in commissione Sanità è stata approvata con il voto unanime di tutti i componenti una risoluzione che impegna la Regione Lazio ad adottare le opportune iniziative finalizzate a garantire ai cittadini un nuovo piano regionale per il governo delle liste d’attesa, ma soprattutto a porre in essere ogni azione tesa all’abbattimento dei tempi. Rafforzando il ruolo delle Asl e puntando sulla presa in carico dei pazienti cronici; sull’apertura delle strutture nelle ore serali e durante il fine settimana; sull’ottimizzazione e l’utilizzo delle grandi apparecchiature di diagnostica per immagini per almeno l’80% della loro capacità; nonché sull’attivazione di prestazioni aggiuntive in libera professione. Credo dunque che non basti ‘fare il possibile’ per migliorare la sanità, ma serve un cambio di strategia e di politiche che partano da territorio. Per non lasciare soli gli utenti, costretti a viaggiare in continuazione per potersi curare.

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